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ALCUNE COSE DA SAPERE                                (“Meglio Prima che Dopo!”)





Riflettendo sul grandissimo proliferare dell’utilizzo di questi strumenti, ormai in circolazione da circa 10 anni, quando vi furono le prime emissioni di ETF (Exchange Traded Fund) armonizzati – a cui ora si sono affiancati ETC e ETN – ho pensato di dedicare un’apposita sezione per questi variegati e duttili strumenti finanziari, che si piegano facilmente alle più disparate esigenze: intra-day trading, posizionamento di medio/lungo, copertura di portafoglio e infine operatività short vera e propria. In questa sezione, pertanto, esaminerò alcuni “ETF a confronto” (perlopiù) e che potranno essere quelli relativi alle borse dei c.d. Emerging Markets o piuttosto quelli rappresentativi delle commodities e non ultimi quelli valutari. Naturalmente non mi sarà materialmente possibile coprire l’universo delle emissioni, che ormai, a Piazza Affari, supera abbondantemente le 500 unità. E tutto ciò anche per alcuni motivi che potrà essere utile elencare, come prima traccia per Te, lettore. Innanzitutto per un problema oggettivo, ossia: non tutti gli ETF quotati raggiungono requisiti di “liquidità” tali da potere essere tradati, intendendo ovviamente un’operatività di apertura e chiusura durante la stessa giornata. E talvolta, su ETF di questo tipo, il c.d. spread bid/ask può anche raggiungere livelli quantificabili nello 0,30/0,50% circa del prezzo dello strumento stesso e condurre persino all’assoluta mancanza di scambi per tutto l’arco della seduta. Un altro rischio di questi strumenti, e quando con questa caratteristica ovvero la pochezza di “liquidità” – oltre la intrinseca difficoltà a negoziarli, se non “sacrificando” il prezzo in caso di bisogno e urgenza – è quello di incappare in un delisting, quando l’ETF non raggiunge taluni livelli di scambi o a discrezione stessa dell’emittente, qualora non ritenga più profittevole negoziare quel particolare strumento finanziario su uno specifico mercato (c’è stato il caso di BNP Paribas, proprio a fine 2010, la quale ha ritirato i suoi ETF Exane, dal circuito italiano). Il delisting, fine a sé stesso, non è un elemento “penalizzante”. Lo può divenire però, quando qualcuno volesse mantenere in essere la posizione assunta su un determinato benchmark e che lo ETF in questione replicava (tutti gli ETF replicano un benchmark) ma non si trova analogo strumento come per esempio oggi invece succede per la borsa brasiliana, per la quale esiste un ETF (anche se con benchmark lievemente differente) emesso da Amundi, altri due emessi rispettivamente da Crédit Suisse e da Deutsche Bank e un ennesimo ancora, emanazione di Lyxor. Per avere una prima idea di “liquidità” di un certo ETF sarà già sufficiente verificare un fatto: che lo stesso raggiunga almeno i 250.000 € circa di scambi giornalieri ovvero, se un ETF vale 25 € che ne siano scambiati almeno 10.000 pezzi giornalieri. Non è assolutamente una discriminante fissa e rigida, ma perlomeno può essere un primo criterio di scelta e di selezione. Per comprendere ciò sarà sufficiente compiere un rapido raffronto numerico: Lo Etf short Leveraged sull’indice FTSE-Mib, il cosiddetto XBRMIB, nei primi cinque mesi del 2011 ha avuto: • scambi medi giornalieri per:            33.330.000 € circa • a un prezzo medio di:                            28,87 € • la media degli scambi è stata dunque di oltre 1.150.000 pezzi il giorno • lo spread denaro/lettera su questo Etf è ormai ridotto a 1-2 centesimi che significa circa uno 0,07%. Invece e per esempio, lo Etf sulla borsa messicana, lo XMEX, emesso da Deutsche Bank, per lo stesso periodo ha avuto: • scambi medi giornalieri per:                114.100 € circa • a un prezzo medio di:                            3,842 € • la media degli scambi è stata circa di neppure 30.000 pezzi il giorno, con sei giorni in cui non è stato effettuato alcuno scambio • lo spread denaro/lettera su questo Etf raggiunge talvolta gli 1,5-2 centesimi, ma su un prezzo decisamente inferiore e che tradotto in percentuale significa circa uno 0,45%! Ecco allora che se io dovessi costruire una posizione di 50.000 € sulla borsa messicana, dovrei comprare circa 13.000 Etf XMEX, una quantità che rappresenta dunque quasi la metà degli scambi medi giornalieri. Lo posso anche fare (poiché il market maker mi garantisce circa 50.000 pezzi in bid & ask), ma ben conscio che (al momento) su questo Etf posso costruire soltanto una posizione di medio/lungo periodo e da tenere nel tempo. Non posso certo comprarlo credendo di farci sopra un intra-day trading





Un altro aspetto da approfondire ma non potrà essere questa la sede (poiché vi sono siti in cui è spiegato tutto il dettaglio per filo e per segno), concerne la fiscalità degli ETF (o ETC o ETN): una caratteristica sicuramente da non sottovalutare e perlomeno da conoscere a grandi linee, per non incorrere in un secondo (e secondo neppure troppo) momento in sorprese poco gradite che possono portare all’applicazione di una ritenuta anche quando a tutti gli effetti materialmente si realizza o monetizza una minus. Questo fatto può verificarsi soprattutto per coloro che tengono aperte uno o due giorni al più le posizioni e su Etf particolarmente volatili (in maniera maggiore), come possono esserlo quelli a leva o quelli relativi alle commodities In tutti questi casi qua, occorre sapere che ciò “che comanda” (detto in parole povere, ma efficaci) è il cosiddetto Delta NAV, prima ancora della pura differenza tra Prezzo Acquisto e Prezzo Vendita. Per l’intanto occorre sapere (non è proprio così, ma sono in fase di semplificazione) che il prezzo di carico dell’Etf non è soltanto il puro prezzo d’acquisto, quando ben in realtà il prezzo di riferimento finale dello stesso, altresì detto appunto NAV (Net Asset Value), un po’ alla stregua dei Fondi Comuni, dove però il NAV è calcolato a T-1 (come si dice in gergo), vale a dire sui prezzi del giorno precedente. Quindi in realtà il valore della quota che leggeresti oggi su un qualsiasi giornale, se mercoledì, si riferirebbe alle chiusure di lunedì; se martedì, addirittura a quelle di venerdì. Per gli Etf il calcolo del NAV avviene invece e praticamente in tempo reale, ma la funzione e il significato è identico. E per gli Etf, cercherò di chiarire con un banalissimo esempio: • compro in giornata, mattino o pomeriggio non importa) un Etf al prezzo di mercato di 10 €; • alle 17,25, il prezzo di riferimento (altresì definibile come NAV) dello Etf equivale invece a 9,50 €; • il giorno dopo, mi riapre in rialzo e riesco a rivenderlo a 10 €, in perfetta parità; • ma poi alle 17,25 chiuderà (fisserà il riferimento o NAV) a 10,50 €. Pertanto il delta NAV, attribuirà un guadagno fittizio, il quale rappresenterà un vero e proprio Reddito da Capitale, (pertanto fiscalmente imponibile) di 1 € e su quello sarà applicata la ritenuta del 12,50%, salvo poi casi diversi, qualora il regime fiscale sia diverso dal c.d. “amministrato”. Vi sono poi situazioni ancora più complesse, qualora l’acquisto sia stato effettuato in tempi o a prezzi diversi, oppure rivendendo una parte della posizione e poi ricomprandola, lo stesso giorno o alcuni giorni (mesi sarebbe uguale) dopo. Non si affronteranno qui, ma questo breve guida spero sia sufficientemente esaustiva, per lasciar comprendere che prima di affrontare un simile investimento, sarà buona norma approfondire l’argomento.